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Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Così ha stabilito la Prima Sezione Civile della Cassazione con una recentissima sentenza, la n. 14042/08, che ha confermato quanto stabilito dalla Corte d'Appello di Genova che aveva chiesto l'intervento del Comune al fine di fare da intermediario tra le divergenze in essere tra due ex coniugi riguardo all'educazione da impartire ai propri figli.


Nel primo grado del giudizio, il Tribunale di Chiavari aveva disposto l'affidamento congiunto dei figli con collocamento degli stessi presso il padre in ragione della conflittualità esistente tra la madre e la figlia; assegnazione della casa coniugale al padre e contribuzione da parte di entrambi i coniugi alle esigenze economiche dei figli nel periodo di rispettiva permanenza presso ciascuno di loro e con suddivisione in egual misura delle spese mediche, sportive e scolastiche occorrenti. 

La decisione di primo grado fu successivamente modificata dalla Corte d'Appello di Genova per quanto attiene alle modalità di regolamentazione dell'affidamento dei figli. Infatti, la CTU, all'uopo disposta nel corso del giudizio d'appello, aveva fatto emergere l'opportunità di separare i due fratelli con collocazione l'uno presso la madre e l'altro presso il padre, ed attribuzione al Comune dell'affidamento di entrambi.

Lo stesso consulente tecnico d'ufficio, dopo aver sentito i genitori e i ragazzi, aveva rilevato che questi ultimi mostravano segni di sofferenza, a causa dell'incapacità dei genitori di avviare un minimo dialogo tra loro e della tendenza degli stessi ad utilizzare, in maniera più o meno inconscia, i figli quale strumento di offesa e di rivendicazione. Dunque, dinnanzi all'evidente incapacità dei genitori di comprendere le reali esigenze dei figli, era stato ritenuto più opportuno disporre l'affidamento di costoro al Comune.
La stessa Corte d'Appello evidenziò che entrambi i genitori, pur essendo astrattamente idonei all'affidamento dei figli per la mancanza di condizioni psicopatologiche, non erano, in concreto, perlomeno allo stato attuale, in grado di superare il loro conflitto, che aveva già seriamente compromesso la tranquillità e la serenità dei figli. Di qui la decisione di affidare entrambi i figli al Comune di residenza, con collocazione l'uno presso il padre e l'altro presso la madre, tenendo conto della preferenza manifestata dai ragazzi nel corso del giudizio.

Contro tale decisione, il padre proponeva ricorso in Cassazione, la quale rigettava il ricorso, confermando la sentenza d'appello, in quanto a giudizio degli ermellini “la Corte di merito ha accuratamente dato conto del proprio convincimento, stigmatizzando l'incapacità dei coniugi - dei quali non ha, comunque, sottaciuto la astratta idoneità ad essere destinatari dell'affidamento dei figli - di pervenire, allo stato, ad un rasserenamento dei loro rapporti nell'interesse degli stessi figli, inferendone la necessità al fine di non compromettere l'equilibrato sviluppo dei ragazzi, di assegnarne l'affidamento ad un terzo, e, segnatamente, all'ente locale di residenza”.

Il giudice, dunque, nella scelta della tipologia di affidamento, deve adottare la soluzione che garantisca la maggior limitazione possibile del danno che la prole inevitabilmente subisce a causa della disgregazione del nucleo familiare, avuto sempre riguardo al preminente interesse del minore.
La stessa Convenzione di New York del 20 novembre 1989 ratificata nel nostro ordinamento con la legge 27 maggio 199 n. 176 fa riferimento al preminente e prioritario interesse del minore ad uno sviluppo armonico ed equilibrato della propria personalità. Dunque, qualsiasi decisione che vede coinvolti dei minori deve essere adottata in modo da garantire tale finalità.

Non sono mancate in passato pronunce in cui è stato disposto, anche se raramente, l'affidamento della prole presso un istituto di educazione (Trib. Genova, 29 ottobre 1987, in GI, 1989, I, 2, 92; App. Milano, 30 marzo 2001, in FD, 2002).
La stessa giurisprudenza ha peraltro sottolineato il carattere eccezionale di tale misura che deve essere assunta ogni volta in cui non sia possibile provvedere al collocamento della prole presso una terza persona (Cass. ,12 aprile 1978, n. 1723, in FI Rep., 1978, voce Separazione di coniugi, n. 53; Cass., 10 giugno 1976, n. 2129).
In ogni caso, anche la soluzione del collocamento presso una terza persona, deve essere adottata in presenza di gravi motivi rappresentati, in particolare, dall'accertata inadeguatezza dei genitori separati di garantire un'adeguata educazione ai propri figli.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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