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Questo articolo è stato scritto da:

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Avv. Stefania Sbressa Agneni

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Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Recentemente con la sentenza n° 1690 del 25 genaio 2008, la Corte di Cassazione civile ha accolto il ricorso presentato da un chirurgo vittima di un incidente stradale, a seguito del quale, avendo subito una grave riduzione della funzionalità della mano destra nella misura del 75% tale da impedirgli le manovre tipiche degli interventi chirurgici, è stato esonerato dal servizio in sala operatoria, mantenendo però il posto in ospedale in qualità di addetto alle attività ambulatoriali e di corsia nel reparto di medicina e chirurgia.


La particolarità della pronuncia in esame, consiste nell'aver riconosciuto a favore dell'infortunato professionista un diritto al risarcimento del danno per ridotta capacità di guadagno, anche se lo stesso ha continuato a rimanere, seppur con altre mansioni, in ospedale lavorando e percependo uno stipendio. Ciò significa che la riduzione della capacità lavorativa specifica di una certa entità, lascia presumere che il professionista veda ridursi anche le sue prospettive di guadagno, con la conseguenza che questa limitazione debba necessariamente essere indennizzata. Occorre evidenziare che il Tribunale dopo aver accertato la colpa del conducente dell'altro veicolo, aveva affermato per il sanitario un risarcimento del danno per ridotta capacità lavorativa.

Contrariamente, la Corte d'Appello, invece, aveva respinto la domanda del chirurgo, sostenendo che la riduzione non era sufficientemente provata, in quanto per l'incidente stradale lo stesso era stato esonerato unicamente dal servizio in sala operatoria, rimanendo alle dipendenze della medesima struttura operatoria e non subendo una riduzione della propria capacità economica. Tali giudici avevano escluso che da una riduzione della capacità lavorativa nella misura del 75% potesse derivare un danno patrimoniale futuro rispetto alle frustate aspirazioni economiche e di carriera del chirurgo, violando l'art.2729 c.c..

La Suprema Corte, invece, pone l'accento sulla questione relativa al danno patrimoniale futuro, ossia alle perdite economiche conseguenti alla subita invalidità permanente, sostenendo che il danno proiettandosi nel futuro in modo non necessariamente proporzionale è da valutare su base prognostica e può essere provato anche attraverso presunzioni. Nel caso concreto oggetto della sentenza, i giudici hanno adottato un criterio probabilistico, tenendo conto di diversi indici rappresentati dalla giovane età del sanitario, dalla sua stabile ed assidua partecipazione prima del sinistro all'equipe operatoria dell'ospedale, dallo svolgimento da parte sua di un elevato numero di interventi chirurgici, dalla grave riduzione della funzionalità della mano destra e dalla sua esclusione dall'ospedale dopo il sinistro.

In conclusione, secondo gli “ermellini” è ragionevole presumere che la capacità di guadagno risulti essere ridotta nella sua prospettiva futura e pertanto il chirurgo infortunato deve essere risarcito. In ulteriore conclusione, viene precisato che si tratta, però, pur sempre di una prova presuntiva e non di un automatismo, con la conseguenza che potrà essere superata dalla prova contraria, che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non v'è stato in concreto alcun danno patrimoniale.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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