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Questo articolo è stato scritto da:

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Avv. Stefania Sbressa Agneni

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Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Con riferimento all'onere della prova, la recente sentenza della Corte di Cassazione civile n. 577 del 11.01.2008 ha apportato rilevanti novità in materia di colpa medica cercando di fare chiarezza all'interno di un delicato settore del contenzioso nel quale aumentano sempre di più le cause tra medici e strutture sanitarie da una parte e pazienti dall'altra.


In particolare, il paziente - attore coinvolto in questa vicenda assume di aver contratto l'epatite “C” con le trasfusioni praticatigli in occasione di un intervento chirurgico su di lui eseguito presso una casa di cura.

Il Tribunale e la Corte d'Appello rigettavano la domanda di risarcimento danni da lui proposta, ritenendo non provato il nesso di causalità tra l'emotrasfusione e la malattia contratta poiché non risultava con la documentazione tempestivamente prodotta che alla data del ricovero l'attore non era già portatore della patologia lamentata, come avevano concluso i c.t.u., mentre non veniva tenuto conto della documentazione relativa ad esami ematici effettuati, prodotta in primo grado dopo i termini di cui all'art.184 c.p.c e riprodotta in appello. Inoltre, il giudice d'appello non attribuiva alcun valore probatorio al verbale della Commissione medico-ospedaliera, che aveva accertato tale nesso causale tra epatite e trasfusione.

Proprio in relazione all'onere probatorio, la sentenza n. 577/08 ha il merito di ricostruire il rapporto tra struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata e il paziente, affermando una responsabilità contrattuale della prima nei confronti del secondo, basata sul rilievo che l'accettazione del paziente in ospedale ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale comporta la conclusione del contratto. Questo vale non solo con riguardo al personale medico dipendente, ma anche al personale ausiliario e alla struttura stessa per insufficiente o non idonea organizzazione.

Per la Corte, quindi, può verificarsi il caso di responsabilità in capo alla clinica o all'ospedale a prescindere dalla responsabilità del medico in rapporto all'esito dell'intervento o al sorgere di un danno. Per diverso tempo, invece, il presupposto per l'affermazione della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria è stato l'accertamento di un comportamento colposo del medico operante presso la stessa. Viene a configurarsi un autonomo contratto di spedalità rispetto a quello medico - paziente, che vede coinvolti da una parte la struttura e dall'altra il cliente - paziente.

Dunque, in simili situazioni trova applicazione il principio di cui all'art. 1218 c.c. ovvero il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Secondo le Sezioni Unite non spetta al paziente dimostrare il nesso di causalità tra l'azione o l'omissione del medico o della struttura sanitaria e l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgere di una nuova malattia. Pertanto, l'attore - paziente danneggiato deve limitarsi a provare il contratto o il contratto sociale e l'aggravamento della malattia o l'insorgere di una patologia e allegare l'inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.
Il debitore dovrà dimostrare che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo esso non è legato da un nesso di causalità diretta con il danno lamentato dall'attore.

I giudici della Suprema Corte allungano i termini di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi lamenta di essere stato contagiato per responsabilità altrui, ritenendo che il giorno dal quale iniziare a far decorrere i termini è costituito dal momento in cui la malattia viene avvertita o può essere percepita come la conseguenza di un danno ingiusto provocato dal comportamento doloso o colposo di un terzo, in caso contrario la malattia sofferta come semplice fatalità non può essere oggetto di alcuna prescrizione.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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