La sentenza n.5136 del 5.03.2014 riguarda una donna, prima moglie titolare di assegno di assegno divorzile che non essendosi risposata, richiedeva una quota della pensione di reversibilità dell'ex marito, il quale a seguito di divorzio, era passato a nuove nozze. La seconda moglie contestava tale richiesta, così, così come la corrispondente quota di trattamento di fine rapporto.
Il Tribunale di primo grado stabiliva una quota a favore della prima moglie, pari al 50% della pensione di reversibilità. In secondo grado la sentenza veniva riformata a favore della seconda moglie.
Contro questa pronuncia, la prima moglie proponeva ricorso in Cassazione. I Supremi Ermellini precisano che per valutare quanto spetta a ciascuna delle parti coinvolte, il giudice gode di ampia discrezionalità e l'unico importante limite è costituito dalla motivazione della decisione.
La Cassazione può sindacare tale scelta soltanto in difetto o carenza di motivazione. Non è sufficiente che l'importo dell'assegno divorzile sia più alto del dovuto o che la prima moglie fosse proprietaria immobiliare.
Il criterio principale è rappresentato dalla durata del matrimonio, ritenuto in giurisprudenza rilevante al fine di valutare, in astratto, le esigenze di equità, solidarietà idonei cui la ripartizione della pensione di reversibilità deve tendere. Nel caso di specie il matrimonio era durato trenta anni.
Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni
Articolo pubblicato nella sezione " News dalla Corte "
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