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Questo articolo è stato scritto da:

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Avv. Stefania Sbressa Agneni

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Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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La perdita di chances lavorative causata da un incidente stradale deve essere risarcita non solo a chi svolge un'attività lavorativa ma a tutti i soggetti titolari di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e di conseguenza anche alla  casalinga, titolare del diritto alla salute e al lavoro. 

Con la sentenza n°1343 del 20 gennaio 2009, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha statuito che anche il lavoro di chi si occupa di faccende domestiche deve essere tutelato come ogni lavoro, equiparando, quindi, il lavoro casalingo a quello professionale il cui parallelismo, per molti, costituisce ancora una vexata quaestio.

 Il caso specifico, oggetto di questa interessante decisione, riguarda una casalinga napoletana, la quale mentre era alla guida di un ciclomotore ad Anacapri, veniva investita da un furgone che usciva imprudentemente in retromarcia da una stradina stretta per immettersi sulla strada principale, riportando danni fisici e numerose lesioni di gravità tale da impedirle una corretta deambulazione che non le consentiva di svolgere le mansioni domestiche ma anche di poter svolgere un'attività lavorativa e, nello specifico, la possibilità di essere assunta come contabile.

 La signora con atto di citazione chiamava in giudizio solidalmente il conducente del furgone e la compagnia assicuratrice, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'incidente stradale.

 In primo grado, il Tribunale condannava le parti convenute, addebitandogli la metà delle spese legali, al pagamento dei danni, in misura inferiore al chiesto, accertando il pari concorso di colpe. Contro la decisione, la casalinga infortunata, proponeva appello sia per l'an che per il quantum debeatur, a cui le convenute resistevano, chiedendone il rigetto.

 La Corte territoriale confermava la sentenza impugnata e compensava tra le parti le spese del giudizio.
 La casalinga ricorreva in cassazione deducendo tre censure contro le quali le controparti non svolgevano alcuna difesa, chiedendo il risarcimento del danno derivante dalla  “perdita di chances” lavorative a causa dell'incidente stradale subito.

 Gli Ermellini accoglievano il ricorso, attribuendo, per la dinamica dell'incidente, la responsabilità esclusiva al conducente del furgone che descriveva, con ammissione di responsabilità, lui stesso la propria condotta imprudente di uscire in retromarcia da uno stretto vicolo senza la possibilità di poter controllare il traffico ovvero a visuale cieca e senza dare la precedenza, impedendo così, alla malcapitata signora di poter fare una manovra adeguata per evitare o ridurre il danno.

 Alla luce di ciò la ricostruzione del fatto dannoso e del nesso causale con lesioni risulta essere di palmare evidenza.

 La Suprema Corte nella motivazione della sentenza rinvia la questione nuovamente alla Corte d'Appello, la quale nel decidere avrebbe dovuto tener conto di un quadro probatorio che riguarda l'illecito della circolazione e le regole di cui all'art.2054 cod.civ, nel senso che, come già stabilito da altre sentenze della Cassazione, la presunzione stabilita dal secondo comma dell'art.2054 c.c. non configura a carico dei conducenti antagonisti una ipotesi di responsabilità presunta da cui essi possono liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno secondo le circostanze del caso concreto (Cass. 29.04.2006 n.10031, Cass. 4.02.2002 n.1432).

 La Corte territoriale avrebbe dovuto, altresì, tener conto della perdita della funzione deambulativa, da cui deriva una perdita di chances patrimoniali, tra cui la mancata assunzione in qualità di contabile.

 Su questo punto, la Suprema Corte ha stabilito il principio secondo cui il danno per la perdita di chances, sotto il profilo risarcitorio deve essere ricondotto nell'ambito della bipolarità prevista dal codice civile, tra danno patrimoniale (art.2043 c.c.) e danno non patrimoniale (art.2059 c.c.), con la puntualizzazione, ormai acquisita come orientamento, che anche il danno non patrimoniale va risarcito non solo nei casi previsti dalla legge, ma anche nei casi di lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, tra cui va ricompreso il  danno da chance perduta la cui tutela è apprestata dal combinato disposto degli artt. 2,3,4,32, 35 e 36 della Costituzione, tra di loro correlati, posto che nel caso di specie il danno è inerente alla perdita rilevante della capacità lavorativa per la riduzione funzionale della deambulazione.

 Viene affermato un'ulteriore principio secondo cui il risarcimento di un danno futuro ed incerto deve essere individuato nel diritto delle vittime al risarcimento totale dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alla lesione dei diritti umani fondamentali, (tra cui la salute e il diritto al lavoro, che compete anche alla casalinga) ed in base all'art.1223 c.c. interpretato nel senso della sua risarcibilità non solo nel caso di assoluta certezza del danno ma, in base ad una fondata e ragionevole previsione del suo prodursi futuro.

 In conclusione, con questa sentenza la perdita di opportunità lavorative presenti e future derivanti da un incidente stradale deve essere risarcita a tutti i soggetti titolari di diritti fondamentali della persona, previsti e tutelati dalla Costituzione e nello specifico del diritto al lavoro, di cui è titolare anche la casalinga.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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