avvalessandra

Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Proprio così si è pronunciata la Quarta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 34765/2008 che ha annullato una sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro che aveva assolto il proprietario dell'animale.
L'animale in questione era un cane, appartenente alla razza dei pitbull, di proprietà di due coniugi, che aveva aggredito il bambino dei vicini di casa mordendolo e costringendolo di conseguenza a sottoporsi ad un intervento chirurgico a causa delle lesioni riportate.

In primo grado, il Tribunale di Crotone aveva condannato entrambi i coniugi, in quanto padroni del cane, per il delitto di lesioni colpose cagionate al bambino.

La Corte d'Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, aveva invece assolto il marito e confermato la condanna per la consorte motivando che era stata lei a portare il cane in giardino e a perdere il controllo dell'animale.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso in Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Catanzaro che riteneva responsabile dell'incidente unicamente il marito, il quale essendo proprietario e padrone dell'animale, lo aveva affidato a persona, nel caso di specie, alla moglie, non idonea a contenere le reazioni dell'animale affidato, e inoltre aveva violato gli obblighi di sorveglianza e di controllo a lui incombenti sul cane, dal momento che non aveva curato né controllato l'applicazione della museruola e non aveva tenuto conto della inadeguatezza della persona affidataria rispetto alla forza fisica e alle reazioni dell'animale.

Dalla stessa sentenza della Corte d'Appello risulta che al momento dell'incidente il marito era in casa e, al sentire delle grida della moglie e della madre del bambino, era accorso per bloccare il cane e dare un asciugamano al fine di tamponare le ferite subite dal piccolo.
Secondo la Corte d'Appello, dunque, il comportamento del marito non poteva essere rimproverabile rispetto all'evento lesivo dal momento che egli era intervenuto in un secondo momento, ossia quando il bimbo era già stato morsicato dal cane. Secondo il Procuratore Generale invece vi era un'evidente violazione dell'art. 40 c.p. “perché non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

La Suprema Corte ha dunque accolto il ricorso proposto dal Procuratore Generale, confermando la condanna del marito pronunciata in primo grado, in quanto “l'obbligo di controllo del cane incombeva di diritto sul suo proprietario e di fatto su chi per essere la persona dominante rispetto all'animale aveva anche di fatto l'obbligo di impedire che la moglie uscisse col cane che non era in grado di controllare, di verificare comunque che l'uscita avvenisse con l'adozione delle prescritte cautele (museruola, guinzaglio), cautele che secondo la sentenza di primo grado non furono adottate”.

La Corte ha riconosciuto non una responsabilità oggettiva del marito, ma una sua responsabilità in relazione agli obblighi a lui derivanti dalla posizione di garanzia collegata al fatto di essere lui l'unica persona che aveva la disponibilità dell'animale e che ne poteva controllare le reazioni.
In conclusione, per la Suprema Corte, il proprietario di un animale, specie nel caso in cui si tratti di un animale aggressivo quale è il pitbull, deve sempre rispondere del comportamento dell'animale anche nel caso in cui, come quello in questione, lo abbia dato in affidamento ad una persona della famiglia che non era in grado di gestirlo.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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