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Questo articolo è stato scritto da:

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Avv. Stefania Sbressa Agneni

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Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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La Corte di Cassazione con la sentenza n° 37321 del 1 ottobre 2008 ha messo in chiara evidenza il concetto di sottrazione di minore, ponendo dei limiti temporali entro i quali può ritenersi sussistere il reato di cui all'art. 574 del codice penale.
La fattispecie, oggetto della decisione, riguarda un bambino di due anni che in data 1 marzo 2000 è stato prelevato dall'asilo dal padre, Sig. S, che lo ha tenuto con sé fino alla sera del 2 marzo in una località diversa da quella di residenza e contro la volontà della madre affidataria di fatto a seguito della separazione dal padre del piccolo. In data 3 marzo il Tribunale per i minorenni affidava il bambino alla madre con possibilità per il padre di vederlo due volte alla settimana durante il pomeriggio. Il padre riconsegnò il figlio soltanto dopo aver ottenuto che la madre firmasse una scrittura contenente accordi relativi al suo diritto di visita del minore. Per tale comportamento il Sig. S era stato rinviato a giudizio per i reati di violenza privata, sottrazione del minore e violazione dei provvedimenti del giudice.

I giudici di primo grado condannavano il padre per il delitto di cui all'art.610 c.p., assolvendolo per i reati di cui agli articoli 388 c.p. e 574 c.p., attesa in quest'ultimo caso la breve durata della sottrazione ( 1-2 marzo 2000). La Corte d'Appello territoriale confermava la sussistenza del reato di cui all'art.610 c.p., condannandolo anche per il reato di cui all'art.574 c.p..
Il Sig. S proponeva ricorso per cassazione deducendo 6 motivi a sostegno della propria difesa. Si tralasciano i motivi di carattere procedurale a cui per un maggior approfondimento della vicenda si rimanda alla lettura del testo integrale della sentenza, mettendo però in luce il motivo numero 4 e 5. Il ricorrente deduce che con riferimento all'art.610 c.p. mancano gli elementi costitutivi del reato poiché il foglio firmato dalla Signora non era altro che la conclusione di trattative tra le parti accolta dal tribunale dei minorenni, e tanto meno non poteva considerarsi male ingiusto quello di tenere a dormire il proprio figlio presso di sé.
Lo stesso deduce altresì la erronea applicazione dell'art.574 c.p. perché la condotta si era protratta per breve tempo durante il quale, tra l'altro, lo stesso era in contatto telefonico con la madre ed inoltre si trovava nella casa al mare ovvero in un luogo abituale, ed in ogni caso, il comportamento di tenere con sé il proprio figlio costituiva esplicazione della potestà genitoriale in assenza di qualsiasi provvedimento giudiziale che disciplinasse i rapporti tra i coniugi.

I Supremi Giudici hanno affermato che è difficile ritenere violenta e minacciosa la condotta di un padre che decida di trascorrere una notte con il figlio presso l'abitazione estiva, poiché lo stesso è contitolare della potestà genitoriale, mancando un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria che disciplini i tempi e le modalità di visita al bambino del genitore non più convivente e che non risulta essere sufficientemente chiaro se la firma della madre sia stata estorta con violenza o sia stato semplicemente frutto della conclusione di trattative già da tempo esistenti tra le parti.

In questa sentenza viene sottolineato che in assenza di un provvedimento del giudice di affidamento del minore ad uno dei due genitori con conseguente attribuzione della potestà genitoriale in via esclusiva al genitore affidatario, la predetta potestà spetta ad entrambi i genitori che sono contitolari dei poteri - doveri disciplinati dall'art.316 del codice civile.
Ciò naturalmente non significa che in caso di sottrazione di un minore ad opera di uno dei due titolari della potestà genitoriale in danno dell'altro non sia configurabile il delitto di cui all'art.574 c.p.. Per gli Ermellini, infatti, è necessario che si verifichi una sottrazione globale del minore alla vigilanza dell'altro genitore, tale da impedirgli di esercitare la funzione educativa ed i poteri e doveri di genitore. Dunque, per integrare il reato contestato occorre che uno dei genitori prenda con sé il figlio, contro la volontà dell'altro e per un periodo di tempo rilevante, tanto da impedire all'altro genitore di esplicare la propria potestà, sottraendo il bambino dal luogo di abituale dimora.

Nel caso di questa vicenda, la sottrazione si consumò nel breve spazio di tempo di un giorno e mezzo durante il quale i contatti telefonici fra i genitori furono frequenti, in un ambiente non estraneo al bambino, trattandosi della casa al mare, utilizzata abitualmente dalla famiglia.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ritenuto che anche il padre abbia il diritto legittimo di passare un po' di tempo con il proprio figlio, apparendo del tutto irragionevole la pretesa da parte della madre che in assenza di un provvedimento ed in presenza di una situazione di mero fatto in cui il bambino è affidato alla madre, gli sia preclusa la possibilità di stare con il proprio figlio. Per tale motivo, quindi, il reato di sottrazione di minore non sussiste e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente all'art.574 c.p..

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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