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Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Durante il periodo della gravidanza e per sette mesi dopo il parto la donna lavoratrice non può essere adibita a lavori che siano pericolosi, faticosi ed insalubri. In questi casi, la legge a tutela della maternità prevede che la donna venga spostata ad altre mansioni e qualora ciò non sia fattibile deve esserle concessa l'astensione anticipata dal lavoro.
Quindi esistono dei casi espressamente previsti dalla legge in cui la Direzione provinciale del lavoro, di propria iniziativa o su richiesta della stessa lavoratrice, può disporre l'astensione anticipata dal lavoro.

La Commissione Europea, in conformità alla direttiva 92/85/Cee, ha dato vita alle linee guida relative alla sicurezza delle gestanti, puerpere o allattanti per valutare il rischio specifico, rimuovere il pericolo, evitare il rischio, intervenire affinché non si verifichino danni alla salute.
Il datore di lavoro, proprio al fine di tutelare le madri o future madri sul lavoro, deve procedere ad una valutazione completa degli eventuali rischi a cui le stesse possono essere esposte mediante un'analisi di tutti gli aspetti relativi all'attività lavorativa della donna in modo da individuare puntualmente le probabili cause di lesioni o danni e stabilire così i modi più consoni per eliminare o quantomeno ridurre i rischi. Le principali fasi del processo sono essenzialmente tre: l'identificazione dei pericoli; l'identificazione delle categorie di lavoratrici; la valutazione del rischio, sia in termini quantitativi che qualitativi.

In particolare, il datore di lavoro, dopo avere avuto notizia che la lavoratrice è incinta, deve valutare i rischi a cui la donna è esposta e attivarsi subito affinché la gestante e il nascituro non siano esposti ad alcun rischio per la propria salute. Il datore di lavoro ha, dunque, il precipuo compito di determinare a quali rischi la lavoratrice gestante, puerpera o in periodo di allattamento si trova esposta, deve rimuovere il pericolo ed evitare il rischio, intervenire immediatamente per assicurare che non si verifichino danni alla salute, tenendo informata la donna sulle misure che verranno adottate.
La lavoratrice gestante ha diritto all'anticipazione del congedo di maternità non solo per condizioni di lavoro ed ambientali ritenute pregiudizievoli per la salute della donna o del nascituro, nel caso in cui la lavoratrice non possa essere adibita ad altre mansioni, ma anche per gravi complicazioni della gestazione o preesistenti forme morbose che si presume possano essere peggiorate dallo stato di gravidanza.

Per poter usufruire di tali forme di tutela, la lavoratrice deve presentare al proprio datore di lavoro il certificato medico di gravidanza in cui deve essere indicata la data presunta del parto oppure, in alternativa, è sufficiente un'autocertificazione che entro cinque giorni dovrà essere integrata dal certificato medico.

Nel caso invece in cui si verifichino gravi complicanze durante la gravidanza o preesistenti forme morbose che possano aggravare lo stato di gravidanza, la lavoratrice deve inoltrare una specifica domanda alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio (se questa non emette il provvedimento entro sette giorni, la richiesta è da ritenersi accolta) a cui dovrà essere allegato il certificato medico di gravidanza attestante le condizioni previste dall'art. 17 co. 2 lettera a) del Testo Unico n. 151/2001 e al datore di lavoro, la ricevuta della domanda presentata alla Direzione provinciale del lavoro. Se si tratta di una dipendente del settore privato il provvedimento deve essere inviato anche all'Inps.

Quando la donna riprende a lavorare, una volta terminato il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, deve essere allontanata fino al settimo mese dopo il parto da ambienti a lei pregiudizievoli e da servizi gravosi. Nel caso in cui non sia possibile trasferire la donna ad altre mansioni, deve essere disposta l'interdizione dal lavoro.

L'ambiente di lavoro deve garantire alle lavoratrici che hanno da poco tempo partorito e che allattano, la possibilità di riposarsi in posizione distesa e condizioni appropriate.
Il Dlgs 151/01 prevede che le lavoratrici che allattano esposte a radiazioni ionizzanti, se non possono essere spostate ad altre mansioni, hanno diritto ad astenersi dal lavoro anche durante tutto il periodo dell'allattamento e precisamente oltre il settimo mese dal parto anche oltre l'anno previsto quale periodo massimo durante il quale è possibile usufruire degli ordinari permessi di allattamento.

Si ricordi inoltre che il congedo anticipato di maternità e/o l'interdizione post parto viene calcolato a tutti gli effetti ai fini dell'anzianità di servizio, delle ferie e della tredicesima mensilità, è utile ai fini pensionistici e previdenziali (Tfr o Inps) ed infine è considerato come attività lavorativa ai fini della progressione di carriera. Quindi, per tutto il periodo, la lavoratrice ha diritto all'intera retribuzione, ivi compresa la tredicesima mensilità.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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