La fattispecie sottoposta all'attenzione della Suprema Corte di Cassazione riguarda la domanda di risarcimento danni formulata da una paziente nei confronti di due medici in quanto ella assumeva di avere patito danni in conseguenza di due interventi chirurgici.
Il Tribunale respingeva la domanda, la Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava il rigetto della domanda limitatamente ad un sanitario e condannava l'altro medico al risarcimento dei danni.
Il medico condannato proponeva ricorso per Cassazione e la danneggiata ricorreva in via incidentale, lamentando la mancata liquidazione del danno patrimoniale, posto che la domanda era implicitamente contenuta nella richiesta di risarcimento danni “tutti subiti e subendi”, inserita nell'atto di citazione.
Con la sentenza n.13328/2015 la Suprema Corte respinge entrambi i ricorsi rilevando che la parte che chiede il risarcimento ha l'onere di indicare in modo analitico i fatti presupposto della richiesta e cioè in che cosa siano consistiti il danno patrimoniale e quello non patrimoniale indicando i criteri di calcolo adottati.
Sulla base di ciò, i giudici di legittimità hanno specificato che una domanda di risarcimento “ dei danni subiti e subendi” priva di qualsivoglia discriminazione del pregiudizio di cui si richiede il risarcimento è generica “ perché non mette né il giudice, né il convenuto in condizione di sapere di quale concreto pregiudizio si chieda il ristoro”, ed inutile perché tale genericità non fa sorgere in capo al giudice il potere-dovere di provvedere.
Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni
Articolo pubblicato nella sezione " News dalla Corte "
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