chiama avvocato
 
0322 - 84 21 77
Chiama e richiedi un preventivo gratuito.
icona whatsapp 340 79 65 261
La consulenza telefonica è solo su appuntamento e previo pagamento anticipato.

consulenza legale online

Consulenza legale online

Dovunque tu sia, richiedici senza impegno una consulenza legale online!

VAI AL MODULO

Questo articolo è stato scritto da:

stef 01

Avv. Stefania Sbressa Agneni

contatto diretto mobile :  +39 340 79 65 261

Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 

Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.15557 del 11.06.2008, un marito frequentava assiduamente una collega di lavoro, portandola con sé in numerosi viaggi durante i quali in un'occasione, peraltro confermata dalla donna, aveva pernottato con la stessa nella medesima stanza d'albergo.
I giudici di primo grado avevano individuato nella condotta del coniuge un comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, indicati espressamente nell'art.143 c.c.:contrarietà dunque all'obbligo di fedeltà, e su ciò era stata fondata la pronuncia di addebito.


La Corte d'Appello aveva condiviso pienamente questa valutazione, confermando che proprio la relazione extraconiugale del marito aveva inciso in modo decisivo sulla crisi dell'unità familiare, rendendo la convivenza tra i coniugi intollerabile ed insostenibile per una serena prosecuzione, con conseguente addebitabilità della separazione al marito.
Questi, a motivo d'appello assumeva che il rapporto con la collega era solo ed esclusivamente di amicizia, trasformata dall'immaginazione e dalla gelosia della moglie in una relazione extraconiugale per lui inesistente.

La Corte di Cassazione evidenzia che in materia di addebito della separazione il giudice non può fondare la pronuncia solo sull'inosservanza dei doveri di cui all'art.143 c.c. dovendo, per converso, verificare l'effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di conflittualità dei coniugi. Ed ancora, il giudice deve ribadire che a tale regola non si sottrae l'infedeltà di un coniuge, la quale pur rappresentando violazione particolarmente grave, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, può essere rilevante al fine dell'addebitabilità della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, e non anche qualora risulti non aver spiegato incidenza negativa sull'unità familiare e sulla prosecuzione della medesima. Ciò accade quando il giudice accerti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, autonoma ed indipendente dalla successiva violazione del dovere di fedeltà.

La Suprema Corte pone l'accento sul concetto di fedeltà strettamente connesso a quello della convivenza e da intendere non soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali, ma in senso più ampio e profondo, quale impegno ricadente su ciascun coniuge di non tradire la fiducia reciproca, avvicinandola alla lealtà e al rispetto, i quali impongono di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che risultano essere in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita in comune.
Occorre evidenziare che tale principio è stato ripetutamente enunciato dalla giurisprudenza, con il consolidato orientamento secondo cui il comportamento di un coniuge, che sia idoneo ad evidenziare anche agli occhi di terzi la sua infedeltà, costituisce di per sé, a prescindere dall'effettiva ricorrenza dell'adulterio, fonte di menomazione della dignità dell'altro coniuge (Cass. 26.02.1980 n.1335); ed inoltre che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art.151 c.c. quando in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi anche se non si sostanzia l'adulterio, portando comunque offesa alla dignità ed all'onore dell'altro (Cass. 6834/1998).

La Corte ha riconosciuto a favore della moglie un assegno di mantenimento ex. art. 156 c.c., non tenendo conto della situazione debitoria del marito e delle proprietà immobiliari appartenenti alla moglie, fra cui la comproprietà della casa coniugale, ritenendo che i redditi dell'uomo erano superiori di almeno tre volte a quelli della donna, la quale versava in una situazione patrimoniale inidonea a consentirle il precedente tenore di vita avuto in costanza di matrimonio. Gli ermellini hanno, pertanto, riconosciuto l'addebito della separazione al marito, individuando nella sua condotta il motivo determinante la frattura irreversibile dell'unione matrimoniale.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

ASSISTENZA LEGALE

Ti serve assistenza legale su questo argomento ? Contatta subito lo Studio Legale Sbressa Agneni, compila il nostro modulo di consulenza online / telefonica.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

 

 

Famiglia e persone

"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

logo paypal pagamento
  
Per il servizio di consulenza online, si accettano pagamenti tramite PayPal.
Accedi al modulo di contatto e chiedici un preventivo gratuito.