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Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Il problema della violenza di cui si sente sempre più spesso parlare, basta sfogliare i quotidiani e sentire la cronaca di tutti i giorni per farsene un'idea, riguarda non solo le donne che subiscono direttamente violenza dal proprio marito, convivente, partner, all'interno della propria casa, ma anche i loro figli che si trovano inevitabilmente coinvolti in questa triste e difficile realtà.

Solitamente si pensa che la violenza riferita ai minori riguardi i maltrattamenti, gli abusi e tutte quelle patologie ad esse correlate che il minore subisce in prima persona sulla sua pelle, anche se esiste un'altra forma sottile di violenza, ancora invisibile, che si verifica quando il minore assiste, è spettatore della violenza subita dalla propria madre e quindi colpisce anche lui creandogli un trauma che può avere della gravi ripercussioni per una sua crescita equilibrata.

La violenza assistita viene dunque definita come quella forma di maltrattamento psicologico che si manifesta tutte le volte in cui un bambino si trova esposto a forme di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica esercitata sulle figure che costituiscono per lui un punto di riferimento o su persone a lui legate affettivamente che siano adulte o minori.
Rientrano nella categoria della violenza assistita anche quelle situazioni in cui il minore assiste a violenze su altri minori e/o altri membri della famiglia, oppure ad abbandoni e maltrattamenti a danni di animali domestici.

Nell'ambito della violenza assistita occorre distinguere i casi in cui il bambino fa esperienza diretta della violenza in quanto la stessa si verifica nel suo campo percettivo dai casi in cui la violenza avviene indirettamente in quanto il minore viene a conoscenza della violenza, da quello ancora in cui il bambino ne percepisce gli effetti.
Nei casi oramai divenuti frequentissimi in cui il bambino assiste personalmente ai litigi tra i genitori e ai maltrattamenti che il padre esercita verso la madre, quest'ultima tende sempre più a nascondere il problema, a minimizzarlo e a convincersi che i bambini non subiscono dei traumi; in un certo senso per le madri è come se “i bambini non vedessero e non sentissero nulla”. Le donne il più delle volte riferiscono che i figli ignorano l'esistenza della violenza paterna in quanto, quando il loro partner le maltratta o esercita violenza su di loro, i bambini non sono presenti perché dormono e quindi non sentono nulla oppure in quel momento giocano per esempio fuori in giardino e quindi non vedono la situazione.

In realtà entrando in contatto con bambini che hanno vissuto all'interno di famiglie violente, già in tenera età, osservando i loro disegni si possono percepire in modo chiaro sintomi di paura, incertezza, blocco emotivo che se trascinati nel tempo possono provocare situazioni di disagio e danni irreparabili per una crescita serena e per un sano sviluppo psico-emotivo.
La violenza assistita crea quindi sul minore danni che possono essere a breve, medio e lungo termine e il danno si verifica sempre anche nei casi in cui il bambino non manifesta un sintomo immediato.
I bambini testimoni di violenza si sentono spesso in colpa per la situazione che si è venuta a creare tra i propri genitori, si sentono altresì impotenti, inadeguati e assediati dalla vergogna per la propria incapacità e dalla rabbia.

In Italia si stima che i minori vittime di violenza assistita variano da un minimo di 385 mila ad un massimo di 1 milione e inoltre è stato evidenziato che i danni della violenza che colpisce di riflesso i minori si sovrappongono a quelli causati dalla violenza esercitata direttamente su di loro.

Uno dei rimedi che può essere utilizzato per contrastare in modo efficace il trauma derivante dalla violenza vissuta di riflesso dal bambino all'interno della propria famiglia è costituito innanzitutto dall'allontanamento della madre col proprio figlio minore dall'ambiente violento.
A questo proposito può essere utile l'ospitalità da parenti o amici oppure l'inserimento in centri di accoglienza per le donne e i loro figli oppure in alternativa può essere previsto un sostegno per l'affitto di una casa.
L'allontanamento da casa prevede inoltre un percorso di sostegno sociale, psicologico e legale, di supporto e d'aiuto per le donne vittime di violenza e per i loro figli finalizzato alla ricostruzione di un nuovo percorso di vita.
Inoltre per poter offrire una buona, corretta protezione e cura del minore occorre iniziare dal riconoscimento della violenza che si svolge all'interno delle mura domestiche e riuscire a rilevare le lesioni che le donne riferiscono al proprio medico di famiglia o agli addetti al pronto soccorso cercando di metterle in relazione con la violenza domestica subita magari per anni all'interno del proprio matrimonio.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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Famiglia e persone

"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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