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Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con una recente sentenza del 13.06.2007 n. 23086, condannando, ai sensi dell'art. 570 co. 2 n. 2 c.p., a tre mesi di reclusione e a € 500,00 di multa un signore di Bolzano, quarantenne, separato, il quale si era sottratto all'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione a favore della moglie e dei tre figli minorenni.


L'uomo, già condannato dalla Corte d'Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che i giudici non avevano considerato che egli si trovava in una situazione di incapacità economica in quanto, da poco fallito, non riusciva a trovare una nuova occupazione, mentre i figli vivevano con la madre in condizioni di grande agiatezza.

L'uomo sosteneva, tra l'altro, che la moglie avesse sporto querela nei suoi confronti nonostante fosse a conoscenza delle condizioni economiche disperate in cui lo stesso versava e nonostante la stessa vivesse in un lussuoso appartamento di proprietà della famiglia che era inoltre proprietaria di un famoso albergo della zona.

Secondo la difesa del ricorrente, il semplice inadempimento dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di separazione non costituisce elemento sufficiente ad integrare gli estremi del reato di cui all'art. 570 c.p. in quanto occorre la prova che, a causa di tale omissione, siano venuti meno i mezzi di sussistenza; circostanza che nel caso in oggetto - continua la difesa del ricorrente - non si è mai verificata dal momento che i figli sono sempre vissuti in condizioni di agiatezza e di conseguenza non è mai a loro mancato nulla dal punto di vista materiale.
Su questo ultimo punto la giurisprudenza è oramai costante nel ritenere che il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare può essere configurato anche nei casi in cui non sussista, di fatto, lo stato di bisogno dell' avente diritto, per avere egli ricevuto i mezzi di sussistenza da parte dell'altro genitore o di altri familiari.
A questo proposito è stato appunto affermato che “il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all'art. 570 c.p. sussiste in tutti i casi in cui il genitore venga meno al dovere di mantenimento della prole su lui incombente, a nulla rilevando che, in concreto, i figli non si trovino in stato di bisogno, perché ad essi provveda l'altro coniuge, ovvero altri parenti” (Cass. pen., Sez. VI, 29.4.2002 n. 27245 ). Si veda anche Cass. pen., Sez. VI, 1.12.2003 n. 715; Cass. pen., Sez. VI, 9.1.2004 n. 17692.
Inoltre l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza ricomprende anche l'obbligo strumentale di attivarsi per dotarsi di quanto necessario per adempiere. Infatti, secondo la giurisprudenza prevalente sussiste in capo all'obbligato un dovere di attivarsi al fine di essere in grado di fronteggiare gli obblighi su di lui gravanti. Al riguardo si ricordi che “in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non è configurabile la responsabilità penale quando l'obbligato sia economicamente incapace di provvedere, secondo il principio generale “ad impossibilia nemo tenetur”, tranne che l'obbligato sia divenuto incapace per sua colpa” (Cass. pen., Sez. VI, 12.4.1991, n. 4152).
Ed ancora “l'impossibilità assoluta della somministrazione di mezzi di sussistenza esclude il reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. solo quando sia incolpevole, giacché l'obbligato è tenuto ad adoperarsi per adempiere la sua prestazione (nel caso di specie è stata confermata la decisione dei giudici di merito che avevano affermato che un padre sano abile al lavoro e di giovane età aveva l'obbligo di procurarsi un'occupazione per provvedere alla necessità del figlio minore)” (Cass. pen., Sez. VI, 17.9.1990, n. 12400).
Nemmeno lo stesso stato di disoccupato è di per sé elemento sufficiente per sottrarsi agli obblighi di assistenza familiare nei confronti del coniuge e dei figli minori. Infatti è stato affermato che “l'indicazione della condizione di disoccupato non esime da responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 570, secondo comma, cod. pen., in quanto incombe pur sempre all'imputato - come per tutte le cause di giustificazione del reato - l'onere di allegazione di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere” (Cass. pen., Sez. VI, 12.4.1991, n. 4152). Ed ancora si ricordi che “ai fini dell'esenzione da responsabilità in ordine al reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, di cui all'art. 570, secondo comma n. 2 cod. pen., lo stato di disoccupazione non coincide necessariamente con l'incapacità economica” (Cass. pen., 14.10.1989, n. 13706).

La Suprema Corte di Cassazione ha dunque respinto il ricorso, condannando l’uomo al pagamento delle spese processuali e confermando quindi quanto stabilito dai giudici della Corte d'Appello in quanto - dice la sentenza - “un quarantenne non ammalato né portatore di handicap poteva comunque trovare un'occupazione che gli permettesse di offrire il suo contributo al mantenimento dei figli minori”.
In conclusione, secondo la Cassazione, un genitore che sia ancora giovane, in buona salute e che abbia la capacità lavorativa e quindi sia in condizione di poter trovare un lavoro, anche se ha delle difficoltà economiche, non può sottrarsi agli obblighi di mantenimento nei confronti dei figli minori.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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