HO 47 ANNI, MIO MARITO MI HA LASCIATO E HA CHIESTO IL DIVORZIO.

Preg. mo Avvocato Sbressa Agneni,

sono una donna quasi cinquantenne, ho una laurea e ho lavorato per qualche tempo all'inizio del mio matrimonio.
Poi sono arrivati tre figli ed un marito in carriera e sempre in giro per il mondo: a quel punto ho dovuto lasciare la professione ed occuparmi solo della famiglia dilettandomi in qualche lavoretto manuale di cucito e sartoria.

Ora mi sembra di capire che la legge prevede che potrei essere liquidata con poco più di un calcio nel sedere, mentre lui e la sua nuova compagna potrebbero proseguire quel tenore di vita che di fatto per oltre venti anni ha costituito la mia vita.
Mi riferisco alla vita sociale intensa e di elevato livello, alle vacanze che nel mio caso erano una decina l'anno esclusi i fine settimana, alla casa al mare e in montagna, ai ristoranti, agli abiti firmati e macchine di lusso, barca a vela e motoscafo, colf a servizio e baby sitter ed in generale ad una vita di alto livello sociale.
L'idea di stravolgere la mia vita già a pezzi mi destabilizza ed è avvilente a 47 anni di età!

(Ilaria, Novara)

Cara Ilaria,

la capisco e posso garantirle che moltissime persone in questo momento stanno facendo le sue stesse considerazioni.
Non ultimo un magistrato della Corte di Cassazione, Marcello Marra, che su un ricorso presentato da una donna, ha richiesto alle sezioni unite della Suprema Corte di rimettere in campo il tenore di vita. La decisione sarà depositata presto ed è attesissima.
Non è detto, quindi, che venga riconfermato l'orientamento della sentenza Grilli che ha introdotto il principio della autoresponsabilità. Stando a questa sentenza, l'assegno non va più calcolato sulla base dello stile di vita durante il matrimonio, ma sulla base dell'autosufficienza economica dell'ex coniuge.
Dopo il divorzio, l'individuo va visto come singolo e non più come coppia e di conseguenza l'impostazione di vita deve basarsi sulle proprie possibilità economiche.

Secondo invece il PM Marra, invece, ogni caso richiede la valutazione della singola storia della famiglia, perché un unico principio corre il rischio di favorire una sorta di giustizia di classe.

Si può quindi usare come base il criterio dell'autosufficienza, ma non si può prescindere anche dagli altri criteri stabiliti dalla legge come la durata del matrimonio, il contributo del coniuge al patrimonio familiare, il tenore di vita.

Un'ultima riflessione va fatta pensando ai figli che con il divorzio subiscono già cambiamenti importanti: il trasloco e lo stravolgimento delle proprie abitudini.
Un mutamento dello stile di vita di uno dei genitori non farebbe che aggravare la rabbia dei figli.

Spero di averle chiarito la situazione, nel caso mi contatti pure senza problemi.

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