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Questo articolo è stato scritto da:

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Avv. Stefania Sbressa Agneni

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Autrice per Giuffrè Editore

Scrive per la rivista di Vercelli La Grinta

Autrice per diversi blog giuridici

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Con la sentenza della Corte di Cassazione del 16 giugno 2008 diventa pericoloso instaurare una relazione extraconiugale soprattutto se l'infedele protagonista della vicenda è un carabiniere che, così facendo, contravviene alla severa disciplina militare, la quale prescrive di tenere in ogni circostanza una condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle forze armate.


Il caso, oggetto della sentenza, riguarda un uomo in divisa sposato che avendo intrapreso una relazione amorosa con una donna anch'essa sposata, viene esortato dal proprio superiore a troncare il rapporto in essere, considerato inopportuno, amorale e fonte di possibile discredito per l'onore e la reputazione dell'Arma dei carabinieri.

Alla richiesta del Comandante, il carabiniere reagisce in modo violento, discutendo animatamente ed insultando con espressioni ingiuriose, quali bugiardo, infame e ladro, minacciando altresì di rovesciare addosso una scrivania, accompagnando queste parole con l'atto di sollevargli contro il mobile.

In primo grado il Tribunale militare aveva assolto il carabiniere ritenendo che le ingiurie e le minacce erano da ricondursi ad un contesto privato e personale, estraneo al servizio.
La Corte militare di appello, invece, aveva valutato il richiamo del comandante motivato e pertinente al servizio che impone, appunto, di tenere un comportamento disciplinato con l'osservanza delle regole militari. In secondo grado, quindi, il carabiniere veniva condannato alla pena della reclusione militare in mesi quattro, ritenuto il concorso di circostanze attenuanti generiche ed elargiti i benefici di legge, in quanto responsabile del delitto di insubordinazione, con minaccia ed ingiuria aggravata e continuata ai sensi degli articoli 81 c.p. e 189 e 190, primo comma, n.2 c.p.m.p, commesso in danno del comandante della Stazione dell'Arma, presso la quale lo stesso prestava servizio.

Contro questa sentenza l'imputato ricorre per Cassazione denunciando l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 189 e 190, comma 1, numero 2, c.p.m.p. Il ricorrente, ritenendo corretta la valutazione giuridica effettuata dal tribunale, sostiene che il diverbio avvenuto fuori dalla presenza di terzi, aveva natura meramente privata e che la corte territoriale ha ampliato in modo sproporzionato l'ambito di operatività della insubordinazione, non giovando in questo caso il richiamo alla norma disciplinare, in quanto ogni privato contrasto presuppone comportamenti non corretti e ritenuti tali, così comportando la qualificazione più grave.
Viene fatto riferimento alla sentenza n° 22/1991 della Corte costituzionale che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della locuzione “o in altri luoghi militari” contenuta nell'articolo 199 c.p.m.p che estendeva l'ambito di operatività delle fattispecie per fatti commessi per cause estranee al servizio ed alla disciplina militare.

La Suprema Corte rigetta il ricorso e lo ritiene infondato affermando che la condotta delittuosa di insubordinazione non ebbe inizio da dissidi di natura personale e privata tra il superiore e il carabiniere, ma contrastò l'intervento che il comandante della Stazione, nell'esercizio delle proprie funzioni, aveva esercitato nei confronti del graduato.
Per gli ermellini il richiamo disciplinare a cui il disdicevole contegno aveva dato luogo e l'illecita e sproporzionata reazione dell'imputato integrano il reato di insubordinazione, mentre la relazione extraconiugale è di carattere meramente privato ed ovviamente estranea al servizio.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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