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Questo articolo è stato scritto:

Avv. Alessandra Sbressa Agneni

Autrice per Giuffrè Editore

Autrice di opere per UTET Editore

Autrice di opere per CEDAM Editore

Iscritta all'Albo degli Avvocati di Verbania

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Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 20647/2008 che ha confermato la misura della custodia cautelare per un signore di Torre del Greco, gravemente indiziato del reato di cui all'art. 572 c.p., per aver sottoposto per anni la propria convivente a continue violenze fisiche e morali.


L'imputato, a seguito dell'ordinanza del Tribunale di Napoli, proponeva ricorso in appello chiedendo la sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari e contestata la sussistenza del reato di cui all'art. 572 c.p. sosteneva che, nel caso de quo, non poteva di certo configurarsi, a parer suo, il reato di maltrattamenti in quanto la compagna non era moglie, ma semplice convivente e poi si era trattato di un solo episodio a cui non ne seguirono altri.

La Cassazione, invece, di contro ha affermato che “ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai danni di persona convivente more uxorio. Infatti, il richiamo contenuto nell'art. 572 c.p. alla “famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo, ricomprendendo questa nozione anche la “famiglia di fatto” “.
Inoltre, per consolidata giurisprudenza, è sufficiente che si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami di reciproca assistenza e protezione (in tal senso Cass. Sez. VI, 24 gennaio 2007, n. 21329; Cass. Sez. III, 13 novembre 1985, n. 1691; Cass. Sez. VI, 7 dicembre 1979, n. 4084).

Nel caso di specie, risultava infatti che l'imputato aveva instaurato oramai da oltre dieci anni una vera e propria stabile convivenza con la persona offesa e che da tale unione erano nate due figlie, venendo in questo modo a crearsi una situazione qualificabile come famiglia di fatto, i cui componenti rientrano dunque nella tutela prevista dall'art. 572 c.p..

Inoltre i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato sono emersi sia dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa che ha riferito di subire da anni episodi di violenza fisica e psicologica da parte del convivente, dichiarazioni che tra l'altro hanno trovato conferma anche dagli accertamenti effettuati dai Carabinieri, sia dalle dichiarazioni della figlia minore della coppia che ha confermato l'ultimo episodio di aggressione subito dalla propria madre.
Sulla base di questi elementi, il Tribunale ha ritenuto sussistere a carico dell'indagato gravi indizi di colpevolezza per il reato di maltrattamenti, avendo lo stesso posto in essere una condotta caratterizzata da continui e ripetuti fatti vessatori, concretizzatisi anche in vere e proprie aggressioni fisiche.

La Corte ha dunque dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Secondo la Cassazione, dunque, il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche nel caso in cui è commesso ai danni di una persona convivente “more uxorio”, in quanto anche le donne che hanno una convivenza stabile con il proprio compagno hanno diritto alla stessa tutela prevista per le mogli.

 

 

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella sezione " Persona e Danno "

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Famiglia e persone

"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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