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Avv. Stefania Sbressa Agneni
Avvocato Matrimonialista
Autrice per Giuffrè Editore 
Responsabile AMI Sezione Territoriale di Verbania
Scrive per la rivista La Grinta di Vercelli

Caro Avvocato,

sono una lavoratrice di 35 anni con gravi problemi sul posto di lavoro. Il mio capo (un cinquantenne che si crede il dio in terra!) mi umilia, facendomi sentire una stupida ed incompetente: tutto quello che faccio non gli va bene ed ultimamente ho avuto attacchi di panico causati da questa situazione per me insostenibile. Vorrei fuggire ma del lavoro ho bisogno avendo anche un bambino piccolo a cui provvedere ed un marito che da poco è in cassa integrazione. Sento parlare spesso in televisione di mobbing e vorrei sapere se per Lei la mia situazione lo rappresenta.

Paola ‘74, Gattinara

Cara lettrice,

Si, la situazione da lei descritta rappresenta un caso tipico di mobbing. Tale termine, introdotto nell'ambito lavoristico, indica i comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica realizzati da colleghi (mobbing orizzontale) e dal datore di lavoro e dai superiori gerarchici ( mobbing verticale) nei confronti di un dipendente individuato come vittima, intenzionalmente rivolti a isolare ed emarginare il soggetto passivo nell'ambiente di lavoro al fine di indurlo alle dimissioni o a causare il licenziamento. Secondo le tabelle degli psicologi il mobbing si configura dopo almeno sei mesi di vessazioni ripetute e sotto il profilo medico-legale, il fenomeno si concretizza in una lesione della salute del lavoratore, consistente in uno stato di disagio psicologico e nell'insorgenza di malattie psico-somatiche sino ai disturbi da stress. Mi sembra che i suoi attacchi di panico siano proprio causati dal mobbing e se si è rivolta ad un medico, le consiglio di conservare i certificati che le potrebbero essere utili ai fini di una causa nella quale si potrebbe chiedere anche il danno esistenziale.

 

NEWS DALLA CORTE:“ Occhio alle effusioni in pubblico con l’amante ”

 

Intrattenere una relazione extraconiugale con scambio di effusioni anche in pubblico con l'amante costituisce motivo di addebito della separazione. Lo ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione confermando una sentenza della Corte d'Appello di Ancona che aveva pronunciato la separazione nei confronti di due coniugi addebitandola alla moglie a causa di una sua comprovata e consolidata relazione. L'addebito era stato pronunciato in quanto il comportamento della moglie era tale da evidenziare agli occhi dei terzi l'esistenza di una stabile relazione e rappresentava di per sé, quand'anche non trattandosi di effettivo adulterio, una violazione particolarmente grave dell'obbligo di fedeltà coniugale, la quale costituiva una palese menomazione della dignità dell'altro coniuge.

 

 

Si precisa che questa consulenza online è stata fornita dietro pattuito compenso forense.

 

Articolo dello Studio Legale Sbressa Agneni

Articolo pubblicato nella rubrica " Diritto e Sentimenti "

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"Famiglia e Persone" UTET Giuridica

Scritto da AVV. SBRESSA AGNENI

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